La scomparsa di Roberto Manni
“Forse in troppi lo hanno dimenticato in fretta; più di qualcuno riteneva che l’assenza dalla scena artistica coincidesse con la sua scomparsa. Invece Roberto Manni viveva, pur menomato e disabilitato, mentalmente e fisicamente, dal male che lo aveva colpito poco meno di una decina d’anni fa, costringendolo alla sedia a rotelle. La sua fibra forte, come gli ulivi della sua terra che innumerevoli volte aveva dipinto tra polifonìe cromatiche, lo ha tenuto in vita novantunenne sino a oggi (2 dicembre). Con la sua morte scompare un protagonista dell’arte salentina del secondo Novecento. Roberto Manni era nato a San Pancrazio Salentino il 3 marzo 1912. Dopo il Liceo Classico si era iscritto, trentenne, all’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove fu allievo di Pietro Gaudenzi. Nella produzione giovanile dipinse ritratti e opere di tema sacro. Negli ambienti salentini frequentò intellettuali come Vittorio Bodini e artisti di spicco, su tutti Geremia Re. La sua opera s’ispirò, sin dagli inizi, a Cezanne e le sue tematiche seguivano orientamenti etnico-ambientali. I suoi paesaggi campestri avevano unico protagonista l’ulivo, simbolo millenario del Mediterraneo, spinto a parvenze tortuose d’umana sofferenza. Tale soggetto non fu mai abbandonato neppure quando nel 1947 si trasferì a Venezia, operando, nella pittura quanto nella grafica, nel suo studio in laguna, eletta padre d’adozione. Gli anni della vecchiaia, invalidato, li aveva trascorsi nella sua casa di San Pancrazio tra le cure amorevoli della sorella. Il “lirico” Manni, come lo definì Bodini, nella sua intensa attività aveva ordinato numerose mostre personali e partecipato a svariate rassegne collettive, tra cui il “Maggio” di Bari, la Quadriennale di Roma, la Biennale delle Regioni, il premio Marzotto, il Premio Favretto, il Premio Michetti. Sue opere si trovano nelle pubbliche raccolte delle amministrazioni provinciali di Brindisi e Lecce, dell’amministrazione civica di San Pancrazio Salentino e, nell’Aula Magna dell’istituto tecnico industriale “Giorgi” di Brindisi, dal 1975, campeggia il mosaico del Progresso Scientifico e l’Uomo, da lui ideato. Nella mostra permanente sugli artisti salentini allestita, sin dal luglio scorso, presso le sale del Museo “Castromediano” di Lecce è esposta una sua notevole Natura morta, opera giovanile eseguita nel 1945, e nel catalogo di prossima pubblicazione una scheda storico-critica sull’artista di San Pancrazio è firmata dallo storico d’arte contemporanea Massimo Guastella. Di lui restano i ricordi di quanti lo hanno conosciuto, sostenuto e anche stimato per l’opera ma non meno per l’indole schiva. Roberto Manni è stato un artista di sicuro interesse nel panorama artistico locale e nazionale, che si auspica venga presto rivalutato e celebrato adeguatamente per il contributo culturale reso alla civiltà salentina, e non solo, nel XX secolo. I suoi funerali si terrano in San Pancrazio domani 3 dicembre.
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